S’è detto e s’è scritto di come i videogiochi ci permettono di affrontare la morte con un sorriso, con una bestemmia o con la consapevolezza che rinasceremo più o meno ganzi come in una religione da musi gialli. Che difatti sono i creatori di Dark Souls. Che difatti è il seguito di Demon’s Souls. Massì, quel gioco DIFFICILE dove la scritta SEI MORTO! ti appare su schermo con la frequenza della coscia della Brambilla in periodo pre-elettorale e dove non è che diventi “bravo”, ma diciamo che impari uno schema a memoria e lo ripeti all’infinito. Che nei videogiochi vuol dire che diventi bravo. Ecco, Dark Souls è uguale solo non uguale: è un finto open world, Soul Reaver docet, è un po’ meno frustrante di Demon’s Souls, ma non esente da bestemmie, c’ha una grafica e dei boss da paura, ma tutto questo non è importante. Nemmeno la grafica e i boss de paura. L’importante è che staiammorì. Muori nei fossi, muori con i demoni-toro, muori affogato, muori perchè un altro giocatore dieci volte più forte di te ha deciso che vuole la tua Umanità©, muori perchè un peone ti fa più male di quanto ti saresti mai aspettato visto che hai 40 livelli in più dell’ultima volta in cui ti ha fatto male.
La scusa dei programmatori è che sei un vivo che passa alla condizione di non-morto e viceversa con relativa facilità, cioè morendo o, nel caso del viceversa, farmando Umanità© dai topi di fogna. Si, avete capito bene: dai topi di fogna. Probabilmente per la faccenda che ci separano una manciata di basi azotate. Insomma la scusa dei programmatori è che morire fa parte del gioco. E vaffanculo. Non so voi, ma a me morire fa incazzare. Lancio le cose contro le persone o altre cose, tirò giù santi e divinità di una notevole varietà di religioni in cui non credo, studio piani di vendetta che poi falliscono andando ad alimentare il ciclo dell’odio e qui non c’è Andy Lau culturista che accetta la morte con serenità* a salvarci tutti. Forse quand’ero picciò, con lo sguardo maraviglia la potevo prendere con filosofia e ficcare 200£ in più nella fessura, adesso no. Adesso sono troppo vecchio per morire. Quindi non aspettatevi di trovarmi in rete e d’invadermi la partita per falciarmi e fregarmi l’Umanità©, maledetti bastardi di livello 80 con l’equipaggiamento divinizzato a +6. Il cavo di rete l’ho staccato, me ne sto a morire a raffica da solo, come i lupi. O i topi di fogna.
*Ne approfitto perchè poi si dice che noi di Gioca Giuè siamo limitati, parliamo tutto il giorno di videogiochi quando torniamo a casa dalle nostre mogli e non è vero, parliamo di un sacco di altre cose nerd per non non dover parlare con le mogli di cose serie. Ecco guardatevi Running on Karma, un film di quasi una decina di anni fa, Hong Kong, una cosa assurda dove c’è un culturista col costume da culturista in lattice che si vede che è lattice e combatte con uomini serpente e alter ego malvagi e vuole salvare una ragazza dalle orecchie a sventola che nella sua vita precedente era uomo e ammazzava un sacco di gente. Si ride, si piange, c’è Andy Lau e Cecilia Cheung non aveva ancora mostrato la patonza a tutto il mondo.