Gioca Giuè

Il blog di videogiuochi che non stavate aspettando altro

Per PS3, sì. Che volete? Quella c’ho.

Vi ricordate i vecchi tempi, quando per far fuori gli zombie si andava negli androni dei palazzi e si sparava a caso su per le scale che lo zombie si era già chiuso in casa e manco era a portata di tiro, ma avrebbe aperto la porta se bussavano? Inoltre le pistole s’inceppavano e poi magari si veniva inseguiti da addetti alla sicurezza non morti che per fortuna erano lentissimi e non riuscivano a raggiungervi. Erano tempi bui, noiosi e lo zombie si poteva piallare in un numero limitato di modi, tranne che in qualche z-movie a basso costo o ne L’alba dei morti dementi. Ma alla Capcom si son detti: “Ehi! Perchè non applichiamo il postulato di MacGyver* a Dawn of the Dead?”. Nasce così Dead Rising, poi geneticamente modificato in Dead Rising 2.

*un oggetto di qualunque forma e funzione può essere usato in combinazione con un qualsiasi altro oggetto con forma e funzioni diverse dal primo per ottenere vantaggi rispetto all’ambiente e alle creature circostanti.

Il principio di DR2 è molto semplice, squisitamente arcade: si piglia un bruto, lo s’inserisce in una città colma di zombacci d’ogni forma e gusto musicale e gli si permette di usare qualsiasi cosa per farli fuori in maniera divertente, alla faccia di una trama che parla di quanto sia disumano seviziare zombie. Anche se, ad onor del vero, sarebbe diszombiano. Ma lasciate perdere la trama confusa e contradditoria, è pur sempre un gioco Capcom con zombie! Tutto quello che vi serve sapere è che potete attaccare dei razzi ad una maschera di Blanka ed infilarla sulla testa di un malcapitato non morto e vedere l’effetto che fa.

Ditemi pure che sono un vecchio barboso, ma le mie preferenze nel campo dello zombie-spalming, vanno ai giochi con spazi ristretti, poche munizioni e solo saltuarie invasioni di plotoni di diversamente vivi, così da avere un misto tra il primo e il secondo film di Romero, ecco.
Nonostante questo, le prime ore di DR2 sono state decisamente appaganti. Perchè? Innanzitutto c’è un countdown (il protagonista ha 3 giorni per scoprire i complotti e salvare la figlioletta) ed avere un limite di tempo non solo ci riporta all’epoca di certi action adventure coin-op, ma conferisce al gioco una discreta sensazione cacarella; poi si può usare veramente di tutto per preservare il proprio cranio dal diventare un Kinder Sorpresa e se “di tutto” non basta, ecco che ci sono le officine per ottenere delle combo di armi succosissime: guantoni coltellati, fucili forconati, bastoni motosegati, volantini avvelenati, peluche isotopotizzati, miniature dei duomi di Milano telecomandate, etc; infine, nella vastissima mappa da esplorare, si possono trovare provviste, abiti, medicine, riviste che potenziano le abilità, altri sopravvissuti che sbloccano missioni in grado di rivelare la verità sull’epidemia e copie de Il Giornale dove ci fanno capire che non c’è nessuna epidemia.

Non farci chiudere Legge Bondi, siamo solo dei burloni!

In più: multiplayer stradivertente d’obbligo, mosse varie e specifiche per molti tipi di armi, mid-boss pazzoidi degni di uno Streets of Rage (un membro di Greenpeace sciroccato, un cuoco bacato, un motociclista invasato, etc.), personaggi cattivi con occhiali da sole in ambienti bui, bonazze varie che ronzano attorno al protagonista, una sfilza di sottogiochi ammazzazombie e sensi di colpa gratuiti quando non si riesce a salvare un altro essere umano virtuale senz’anima.

Bravo papà o sgroppatore di gemelle? Alla Capcom ci prendono per scemi?

Un neo un po’ pesante c’è: il gioco in single mode non vale i 60 euri dell’acquisto e non bastano un paio di caratteristiche gdr a potenziare la longevità e la rigiocabilità. Ovviamente questo difetto non toccherà gli appassionati di zombie, di film sugli zombie, di zombie-raduni, di studi scientifici per creare un virus che ci trasformi tutti in zombie e di quiz preserali sulla Rai: loro si divertiranno sempre e comunque.


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