…e non per vecchi giocatori!
Vi ricordate i bei tempi in gioventù quando avevamo le tasche piene di monete da 200 lire, gettoni del telefono e anche monete da 500 se quel giorno i nonni erano stati davvero ma davvero generosi?
E quindi vi ricorderete senz’altro dei bei tempi spesi in sala giochi a infilare monete su monete nelle erotiche fessure dei cabinati di giochi infami e difficilissimi tipo Metal Slug o un qualsiasi shoot’em up (o peggio! un qualsiasi dodge’em up)!
Si giocava per imparare a memoria i livelli, perché quello era l’unico modo per superarli senza spendere una fortuna. Peccato che per impararli a memoria fosse in effetti necessario spendere una fortuna.
Bè, io sono cresciuto rispetto a quei tempi. Non ho più la stessa pazienza, nè la stessa quantità di monetine. E anche quando gioco a casa, io metto a easy perchè non ho tempo, non ho voglia, voglio solo un divertimento effimero e vedere la fine del gioco e ottenerne di conseguenza una gioia immediata che però svanisce subito, ma non importa perchè già se metto a medio mi blocco al primo boss.
La Ubisoft, ascoltando le preghiere dei giocatori vecchi tipo me, un paio d’anni fa ha pubblicato un gioco che i soldi per comprarlo sono davvero ben spesi.
Il gioco è Prince of Persia e non si può morire. Però si possono compiere un casino di azioni acrobatiche che ti fanno sentire un figo esagerato, un prò.
Ma come non si può morire?
Prince of Persia è un gioco sul parkour. Si salta, si cammina su pareti che danno su profondissime voragini, si volteggia sui pali, si fa free climbing e bungee jumping. Quindi il rischio morte è sempre dietro l’angolo.
E però c’è il deus ex machina, cioè la fighetta che accompagna il Principe, che grazie ai suoi indefinibili poteri magici, lo salva a ogni salto sbagliato o a ogni combattimento (ce ne sono pochissimi, ma comunque) finito male.
Comodo.
Aggiungete agli ingredienti una grafica sgargianza in cel-shading (quindi niente marronita e realismo a ogni costo, ma solo gioviale colorosità) ed ecco che il pigro giocatore vecchio ne rimane inevitabilmente rapito.
Niente combinazioni di tasti improbabili, niente pattern da ricordare, niente destrezza e abilità manuale. Addirittura perdersi è difficile, nonostante la complessità dei livelli e della mappa, visto che c’è sempre la possibilità di farsi indicare la direzione per il prossimo obiettivo.
Ma non si pensi che l’assenza di sfida possa minare gravemente l’interesse del titolo.
Prince of Persia rimane godibilissimo dall’inizio alla fine proprio grazie alla sua giocabilità immediata e divertente ed è presto chiaro che la facilità del gioco non risieda nella semplicità delle missioni o nell’impossibilità del Game Over quanto nella troppa comodità del suo sistema di controllo, limato e sgrezzato il più possibile per dare al giocatore una sensazione di confortevolezza difficilmente sperimentabile in altri titoli.
L’ultima frase è composta da 66 parole. Eppure mantiene un senso compiuto. Quantomeno fatemi i complimenti!